Cosa chiede di sciogliere questo pianto?
L’ipersensibilità emotiva non è malattia in senso stretto, ma il linguaggio di Anima. È la psiche che parla attraverso il corpo, è l’energia vitale e profonda che chiede un varco. Sopprimerla è chiudere la porta. Ascoltarla significa aprire la possibilità di trasformazione reale e diventare altro, procedere.
“I sintomi sono già interpretazioni”. Ogni disturbo emotivo è un segnale che parla, una scrittura che attende lettura. Irritabilità, nervosismo, crisi di pianto non sono residui patologici da sopprimere, ma forme linguistiche attraverso le quali la psiche si manifesta.
Hillman insisteva: l’anima non va intesa come ente fisso ed immobile, ma come processo che ci attraversa. Ella si rivela visibilmente negli eventi, nei turbamenti, nei crolli. Il sintomo, in questo senso, è pathos che chiede immaginazione: un invito ad ampliare la coscienza, non a ridurla.
Non so più chi sono, tutto è instabile. Instabilità e identità.
Il nervosismo non è semplice squilibrio neurochimico. È frattura tra immagine di sé e vissuto. Jung parlerebbe di conflitto tra la “persona” — la maschera sociale — e il Sé, nucleo profondo che spinge verso l’integrazione di tutte le parti. L’irritabilità segnala che il compromesso non regge più:
‘Più la vita che ho condotto è stata integra, ovvero più ho accettato le mie contraddizioni, anziché giudicarmi, più ho coltivato un’identità armoniosa, più sono in pace con me stessa, meno mi sentirò irritabile, con o senza menopausa.’
Anche altre scuole spiegano così questa dinamica: ciò che viene rimosso- non integrato, non accolto – ritorna mascherato come sintomo, come“male”. Ma, a differenza della sua lettura riduttivamente clinica, la psicologia archetipica – pensiamo a Hillman – invita a trattare il sintomo come figura immaginativa, come personaggio interiore che esige riconoscimento.
Piangere senza un perché. Il simbolismo del pianto.
La crisi di pianto è un eccesso che si riversa. Bachelard – filosofo francese – osservava come l’acqua, nell’immaginario, sia elemento di trasformazione e dissoluzione. Il pianto non è dunque pura perdita, ma liquido alchemico: scioglie forme rigide, libera energie e, soprattutto, consente metamorfosi.
Ogni lacrima è un segno: trabocco dell’anima che non trova parola. L’errore moderno è reprimerla in nome dell’efficienza. In realtà, il pianto indica che la psiche lavora, che sta ri-orientando il senso di sé.
Non rifiuto, interpreto e accolgo. Dal sintomo alla trasformazione.
Se il sintomo è linguaggio, la guarigione non coincide con la sua eliminazione, ma con la sua interpretazione. L’ascolto autentico delle emozioni consente di trasformare la crisi in integrazione ed orientamento.
La domanda non è:
“Come smettere di piangere?” ma “Che cosa chiede di sciogliere questo pianto?”.
E non: “Come liberarsi del nervosismo?” ma “Quale energia compressa vuole manifestarsi attraverso questo nervosismo?”.
La terapia, in questa prospettiva, diventa ermeneutica: un’arte dell’ascolto simbolico.
La corrispondenza con la Medicina ancestrale Cinese
Qui la MTC offre una risonanza sorprendente. Ogni emozione, secondo questa tradizione, è collegata a un movimento, e io direi meglio: a una direzione. E’ la direzione, la spinta indotta dall’organo che genera un’emozione particolare e non altre.
Rabbia ↔ Fegato (elemento Legno): energia di crescita, che se bloccata diventa irritabilità.
Gioia ↔ Cuore (Fuoco): se eccessiva, conduce a instabilità, nervosismo, confusione.
Preoccupazione ↔ Milza (Terra): che, se congestionata, genera pensiero ossessivo e ansia.
Tristezza ↔ Polmoni (Metallo): da cui deriva il pianto come gesto simbolico di purificazione.
Paura ↔ Reni (Acqua): origine di insicurezza e senso di disorientamento, di paralisi operativa.
Il linguaggio dei sintomi emotivi, letto alla luce della MTC, diventa mappa psicosomatica: ogni crisi emotiva è anche squilibrio energetico, ogni emozione un messaggio incarnato.
La corrispondenza è chiara:
L’irritabilità segnala un eccesso o un blocco del Legno, la spinta vitale che non trova espressione.
Il nervosismo appartiene all’asse Cuore–Fuoco, energia ipereccitata dall’assenza del giusto tono dell’Acqua o Reni che dir si voglia.
Le crisi di pianto appartengono al Polmone–Metallo, gesto di resa e liberazione.
Mentre la psicologia occidentale, come abbiamo visto finora, legge il sintomo come ritorno del rimosso, la MTC lo vede come squilibrio energetico dato, tra l’altro, dalla mancata circolazione. Ma le due prospettive non si contraddicono. Entrambe si riferiscono a una dinamica simile: non accettare, nascondere e non circolante o stagnante. Entrambe rimandano all’idea che il sintomo sia una via d’accesso, un indizio e non un incidente da eliminare.
Sintomo sì, sintomo no, ovvero la filosofia del sintomo
Se accettiamo che il sintomo sia linguaggio, allora esso diventa guida. Non ostacolo, ma oracolo. “Dove c’era l’Es, deve subentrare l’Io” scriveva Freud; ma potremmo dire, in senso ampliato: dove c’era sintomo, deve subentrare significato ed accettazione.
Hillman aggiungeva: il compito non è guarire dal sintomo, ma guarire nel sintomo. Integrarlo, trasformarlo in immagine, lasciarlo parlare fino in fondo.
Domande radicali e sempreverdi
Ogni crisi porta con sé un nucleo interrogativo. Le domande non sono semplici esercizi cognitivi, ma veri strumenti di trasformazione:
- Sto ascoltando la verità delle mie emozioni o le sto censurando?
- In quale direzione mi spinge l’irritazione che sento?
- Che cosa vuole sciogliere in me il pianto che emerge?
- Quale nuova configurazione identitaria mi sta chiamando?
- Le emozioni, se accolte, diventano complessità e dunque ricchezza. La crisi diventa ponte, passaggio: ecco la menopausa!
Per concludere
Il sintomo emotivo non è malattia in senso stretto, ma linguaggio di Anima. È la psiche che parla attraverso il corpo, è l’energia vitale che chiede un varco. Sopprimerlo è chiudere la porta. Ascoltarlo significa aprire la possibilità di trasformazione reale e vantaggiosa.
La simbologia, la psicologia archetipica, e la Medicina Tradizionale Cinese, pur con linguaggi differenti, convergono: il sintomo è messaggio. Il pianto, il nervosismo, l’irritabilità non vanno ridotti a malfunzionamenti, ma riconosciuti come segnali di metamorfosi.
Non c’è guarigione senza ascolto. Non c’è ascolto senza coraggio di attraversare il turbamento: coraggio! Coraggio!