I grassi nella dieta sono essenziali per mantenerci in salute in quanto svolgono funzioni cruciali sia di tipo strutturale che metabolico.
Ma quali grassi sono davvero sani: saturi o polinsaturi? E perché sono così importanti?
Gli esperti raccomandano di aumentare i grassi polinsaturi, presenti in quantità negli oli vegetali, in sostituzione di quelli saturi provenienti perlopiù da fonti animali.
Tuttavia, tale raccomandazione è ancor oggi al centro di un acceso dibattito scientifico da cui hanno preso forma nuove comprensioni e prospettive più complesse12.
Scopriamo il ruolo e gli effetti dei grassi vegetali e animali nel nostro organismo, nella salute cardiovascolare e intestinale, ed infine, cosa aspettarsi quando aggiunti in una dieta a ridotto apporto di carboidrati.

Le funzioni e il ruolo dei grassi nella dieta
I grassi nel nostro corpo – in gran parte saturi – proteggono gli organi, mantengono il calore, costituiscono la struttura delle membrane delle nostre cellule, sono precursori di composti metabolici coinvolti nelle risposte infiammatorie e immunitarie3.
Dai grassi derivano altresì i chetoni, un carburante ancor più efficiente e alternativo al glucosio, che gran parte delle nostre cellule sono in grado di utilizzare in qualsiasi momento e fin dalla nascita4.
Nella dieta i grassi consentono di assimilare i nutrienti cellulari liposolubili, come le vitamine A, D, E, K, nonché alcuni importanti antiossidanti come il licopene, la luteina e il beta-carotene.
I grassi contribuiscono a ridurre il senso di fame. Se vengono scelti e introdotti in modo strategico nella dieta, aiutano a gestire il pesoforma e la salute metabolica. Una caratteristica comune dei grassi è che hanno una scarsa influenza sulla glicemia.
Come si può notare nel grafico che segue, i grassi sono la gamma di macronutrienti che meno di tutti impatta sul livello glicemico nelle ore successive il pasto.

L’ipotesi che le diete ad alto contenuto di grassi favoriscano l’aumento di peso si basa sulla densità energetica relativa dei macronutrienti – 9 kcal/g per i grassi rispetto alle 4 kcal/g dei carboidrati o delle proteine. Questo assunto, tuttavia, ignora l’importante ruolo della qualità dei macronutrienti e della loro capacità di regolazione ormonale che guida il senso di fame e sazietà, l’immagazzinamento dei grassi e il metabolismo degli acidi grassi.
Le prove attuali ci dicono che le diete con pochi grassi, progettate per la perdita di peso o per la prevenzione del sovrappeso, non presentano benefici rispetto alle diete a basso contenuto di carboidrati.
Effetti dei grassi in una dieta con pochi carboidrati
È stato ampiamente dimostrato che una dieta povera di carboidrati e più ricca di grassi può ridurre il sovrappeso, i livelli glicemici e i farmaci ipoglicemizzanti orali, molto meglio delle diete tradizionali5.
A parità di calorie e rispetto ad altre diete, si è visto che la restrizione glucidica, compensata da un maggior apporto di grassi, migliora i parametri ematici associati alla sindrome metabolica e al diabete tipo 2 a prescindere dalla perdita di peso67.
Cosa contengono i grassi? Quali sono i più sani?
Nell’alimentazione la maggior parte dei grassi, circa il 95%, sono sottoforma di trigliceridi (il resto è colesterolo e altri fattori lipofili)8 e, come si può vedere in figura, si suddividono in varie sottocategorie.

Gran parte dei grassi alimentari contiene una miscela di acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, rispettivamente SFA (Satured Fatty Acid), MUFA (Monounsaturated Fatty Acid) e PUFA (Polyunsaturated Fatty Acid), compresi gli oli vegetali, come riportato nel seguente schema.

Come si può notare, ci sono diversi oli che apportano contributi importanti di grassi polinsaturi – in gran parte acido linoleico da cui otteniamo acidi grassi omega-6. Per rimediare è stato prodotto l’olio di colza con maggiori quantità di acidi grassi monoinsaturi, ma in ogni caso, insieme agli altri oli di semi, appartiene al gruppo degli alimenti ultraprocessati e come tali andrebbero evitati.
Nella dieta degli esseri umani questi oli sono comparsi soltanto all’inizio del XX secolo dopo che le industrie iniziarono a produrli e a propagandarli per uso alimentare in sostituzione e a prezzi più bassi del sego, dello strutto e del burro.
Solo di recente, i grassi saturi – più che altro quelli di origine animale, ma è compreso anche l’olio di cocco non trattato – hanno ricevuto il consenso che meritano, perché non causano affatto malattie cardiovascolari. A dirla tutta, non ci sono mai state sufficienti prove valide sui rischi per la salute cardiovascolare dei grassi saturi, bensì il contrario. La riduzione dei grassi saturi negli studi, come si leggerà più avanti, ha addirittura aumentato la mortalità generale.
Nella sezione “domande frequenti sulla salute cardiovascolare” ho spiegato gli effetti dei grassi saturi emersi in diversi studi clinici, comprendendo anche la mortalità per qualsiasi causa.
Grassi saturi: ruolo ed effetti sulla salute
Gli alimenti più ricchi di grassi saturi sono la carne, il lardo, il sego, il burro, il ghee, lo strutto, l’olio di cocco, il burro di cocco non trattati.

I grassi saturi hanno un ruolo strutturale nelle nostre cellule. Nella membrana della cellula vi sono delle aree definite “zattere lipidiche” (in inglese “lipid raft”), ricche di acidi grassi saturi e colesterolo, dove sono ancorate le proteine di membrana in modo tale da evitare spostamenti che ne impedirebbero il corretto funzionamento9.
La disponibilità di grassi saturi è importante non solo per invecchiare bene e in salute, ma anche durante lo sviluppo fetale10.
Prendiamo ad esempio il burro, meglio se prodotto da animali che pascolano. Questo alimento ha diverse proprietà: oltre alle vitamine liposolubili, contiene butirrato o acido butirrico. Il butirrato è un acido grasso saturo che ha dimostrato di fornire energia alle cellule del colon11, di fortificare la salute dell’intestino per la prevenzione del cancro12 e di migliorare la sensibilità all’insulina13.
Si è scoperto che, contrariamente alle credenze che sono state divulgate, i grassi saturi riducono la concentrazione delle LDL più piccole e ossidate, favorendo da un lato la formazione di LDL più grandi e meno aterogene, dall’altro livelli più elevati di lipoproteine HDL – il “colesterolo buono”14.
È stato altresì dimostrato che un’alimentzione ricca di grassi saturi riesce a ridurre la progressione dell’aterosclerosi coronarica15.
Grassi e oli vegetali: cosa sono, dove si trovano, cosa comportano
I grassi vegetali provengono dalle piante, e nell’uso comune quando si parla di olio vegetale, s’intende soprattutto quello estratto da semi, come arachidi, soia, girasole, cartamo, riso, colza, mais, cotone, sesamo.
Anche l’olio di oliva, di palma e di cocco sono grassi vegetali, ma provengono dal frutto o dalla noce piuttosto che dal seme, sono più facili da estrarre16 e fanno parte dell’alimentazione umana da migliaia di anni proprio come i grassi animali.
La tabella che segue mostra il contenuto di acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6 negli oli vegetali, tenendo presente che gli omega-3 hanno caratteristiche diverse secondo la provenienza:
- dagli oli vegetali otteniamo ALA, acido alfa-linolenico (convertibile in EPA e DHA);
- dai prodotti animali, soprattutto dal pesce, EPA e DHA (rispettivamente acido eicosapentaenoico e acido docosaesaenoico).
Oli vegetali | ω-3 (ALA*) g/100g | ω-6 (LA*) g/100g |
---|---|---|
Olio di semi di lino | 53.3 | 13.0 |
Olio di semi di canapa | 20.0 | 57.0 |
Olio di noce | 10.0 | 52.0 |
Olio di colza | 9.1 | 19.0 |
Olio di soia | 7.0 | 50.0 |
Olio di germe di grano | 7.0 | 55 |
Olio di mais | 1.0 | 49.0 |
Olio di oliva | 0.4 – 1 | 3.5 – 21 |
Olio di girasole | 0 – 0.1 | 65.0 |
Olio di vinaccioli (semi d’uva) | 0.1 | 70.6 |
* ALA e * LA
L’acido alfa-linolenico (ALA) è precursore di acidi grassi EPA e DHA, mentre l’acido linoleico (LA) si converte in ω-6. La conversione è un passaggio obbligato, ma in entrambe i casi avviene condividendo l’enzima delta 6 desaturasi. Pertanto, ALA e LA competono per trasformarsi nei rispettivi derivati. Un consumo eccessivo di LA presente negli oli vegetali, riduce la conversione in EPA e DHA a partire dal precursore, e perdipiù invecchiando l’efficienza dell’enzima coinvolto si riduce.
Assumendo del salmone, invece, otteniamo direttamente acidi grassi EPA e DHA (della serie ω-3), precisamente dai 22 ai 30 g per 100g di prodotto e solo 1-2 g su 100g di ω-6 (come LA, acido linoleico). Anche solo una modesta assunzione di pesce è associata a una minor progressione dell’aterosclerosi coronarica rilevata in donne in post-menopausa17.
Grassi trans ottenuti in modo artificiale – Negli anni ’50 è stata creata un’ulteriore categoria artificiale di grassi, quelli trans, ottenuti tramite processi di idrogenazione di oli vegetali. Possiamo trovarli sottoforma di margarina e oli che vengono aggiunti negli alimenti pronti o preconfezionati distribuiti soprattutto nei bar e nei supermercati. Numerosi studi hanno stabilito una forte relazione causale tra malattie cardiovascolari e consumo di grassi trans industriali18.
Effetti nocivi nascosti da un “finto” beneficio
In passato si riteneva che i grassi saturi fossero la causa dei problemi cardiovascolari. Le istituzioni sanitarie hanno raccomandato il consumo di grassi polinsaturi (PUFA), basandosi principalmente sul fatto che riducono il colesterolo19.
Purtroppo però, a fronte di questo ipotetico beneficio, ciò che si è visto nella realtà è stato un aumento delle lipoproteine più piccole (sdLDL) e ossidate (OxLDL)20, e nelle prossime righe si comprenderà perché.
Non ci sono dubbi che gli oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi riducano i livelli di colesterolo, ma allo stesso tempo diventano un “cavallo di troia” per l’ossidazione lipidica e l’infiammazione.
Questo meccanismo perverso inizia dal fatto che i grassi polinsaturi hanno un effetto mitigante sulla compattezza della membrana cellulare al pari del colesterolo21. Normalmente, è il colesterolo che si interpone tra i fosfolipidi garantendo la corretta flessibilità e stabilità dell’involucro di ogni cellula, come mostra la figura che segue.

Tuttavia, un aumento della disponibilità di acidi grassi polinsaturi attraverso la dieta, si traduce in una minor sintesi di colesterolo perchè è il più “costoso” da ottenere in termini di economia cellulare22. Difatti, occorrono circa 30 reazioni enzimatiche per la sintesi finale di colesterolo23.
È a questo punto che sorgono i problemi: gli acidi grassi polinsaturi, sostituendosi al colesterolo nella membrana cellulare, non sono in grado di garantire la stessa stabilità perché, al contrario del colesterolo, si ossidano, innescando altre reazioni di ossidazione.
La ricerca clinica ha chiaramente dimostrato che i soggetti con malattia cardiovascolare hanno una maggior concentrazione di grassi della serie omega-6 nelle lipoproteine circolanti e nei tessuti rispetto ai sani24.
Uno dei modi con cui gli oli vegetali da semi sbilanciano la dieta è proprio l’apporto di acidi grassi della serie omega-6 (come acido linoleico), che però sono già contenuti naturalmente in molti alimenti, tra cui ad esempio uova, carne, frutta secca, cereali e altri.
Gli oli vegetali fanno ingrassare
Ci sono voluti anni di ricerca per mettere in chiaro che gli oli vegetali contenenti elevate quantità di acidi grassi polinsaturi, promuovono non solo l’infiammazione e l’ossidazione lipidica, ma anche l’aumento di peso sia negli animali che nelle persone2526.
Ad esempio, alcuni ricercatori hanno dimostrato che la cottura delle patate in olio vegetale di semi si traduce in un aumento di peso maggiore rispetto alla cottura al forno o al purè, anche quando è stato aggiunto burro e panna 27.
A riprova degli effetti ingrassanti delle diete con maggiori quantità di oli di semi, uno studio randomizzato e controllato, condotto nel 2019, ha fatto ingrassare di mezzo chilo un gruppo di partecipanti in sole 2 settimane. Nel frattempo, i partecipanti sottoposti a una dieta che conteneva meno omega-6 (LA, linoleic acid, acido linoleico), hanno perso un chilo28.
A parità di calorie, la dieta più ingrassante dello studio aveva un rapporto di omega-6 e omega-3 di circa 11:1, mentre la dieta meno elaborata aveva un rapporto di 5:1.
L’olio d’oliva è probabilmente quasi altrettanto dannoso. Può contenere oltre il 20% di acido linoleico quando è puro, e ancor di più quando viene addizionato ad altri oli vegetali, una pratica universale per ridurre i costi di produzione dell’olio d’oliva, a cui tatlvolta ricorrono anche i ristoranti.2930
Meccanismi che stimolano l’aumento di peso
Il meccanismo che spiega le proprietà ingrassanti di un maggior consumo di acido linoleico, è l’attivazione del recettore CB1, che privilegia la via di accumulo delle calorie dei carboidrati nel tessuto adiposo31. Ecco perché, invece di bruciare i carboidrati come energia, questi vengono immagazzinati come grasso se abbinati a una dieta ricca di acido linoleico.
Negli studi sull’uomo, l’attivazione del recettore CB1 ha provocato anche una maggior propensione a ingurgitare cibo, soprattutto di qualità scadente come snack, barrette, biscotti e dolci32.
Dunque, per ridurre il desiderio di cibo, dobbiamo stare lontani da alimenti contenenti oli di semi, sostituendoli con burro, lardo, strutto, sego o grasso di cocco!!
Effetti sulla salute degli oli vegetali polinsaturi nella dieta
Tra i vari effetti che sono stati evidenziati riporto alcune evidenze specifiche riguardanti l’attività molecolare, gli eventi cardiovascolari e la salute dell’intestino.
Effetti molecolari e conseguenze metaboliche nelle cellule
Gli oli vegetali ricchi di acidi grassi polinsaturi vengono ulteriormente ossidati durante il processo di cottura. Il motivo risiede nella presenza di molti doppi legami nella loro struttura molecolare che li rendono chimicamente reattivi. Quando vengono esposti al calore, ai raggi UV o all’aria, i doppi legami si ossidano, formando pericolosi perossidi lipidici che generano radicali liberi.
L’eccesso di radicali liberi può instaurare stress ossidativo, una reazione a catena di molecole in cerca di elettroni per cercare di stabilizzarsi.
L’ossidazione dei grassi insaturi negli oli vegetali industriali crea prodotti finali di ossidazione lipidica avanzata, denominati ALE, acronimo di “advanced lipoxidation end-products”, che rappresentano un grave pericolo per la salute a medio e lungo termine.
Nella tabella che segue è descritta una serie di meccanismi con cui danneggiano le cellule.
Riduzione del glutatione e fragilità immunitaria33 | Deterioranomento della memoria e aumento del rischio di Alzheimer34 |
Aumento infiammazione, danni al rivestimento dei vasi sanguigni35 | Aumenti dal 14 al 31% della mortalità per cancro e malattie cardiovascolari36 |
Inibizione della desaturasi delta-6, un enzima coinvolto nella conversione degli ω-3 a catena corta (ALA) in ω-3 a catena lunga37 | |
Contengono 4-idrossinonenal (4HNE) un composto tossico della lavorazione degli oli vegetali, in grado di modificare la flora batterica intestinale, danneggiare il DNA e provocare cascate di radicali liberi che danneggiano la membrana mitocondriale38. |
Salute cardiovascolare
Uno studio con 80 persone affette da cardiopatia coronarica, che si è protratto per 2 anni, ha testato 3 tipi di dieta: una di controllo e altre due in cui il grasso animale è stato sostituito con olio d’oliva oppure con olio di mais39.
Al termine della sperimentazione, i pazienti in vita e senza ulteriori eventi cardiovascolari risultarono essere il 75% nel gruppo di controllo, il 57% nel gruppo dell’olio d’oliva e il 52% in quello che ha ricevuto olio di mais, nonostante la riduzione dei livelli di colesterolo.
I dati recuperati del Sydney Diet Heart Study hanno rilevato che la sostituzione dei grassi saturi con l’acido linoleico omega-6 (da olio di cartamo o margarina) ha aumentato la mortalità per tutte le cause e la mortalità cardiovascolare40.
I dati recuperati del Minnesota Coronary Experiment hanno indicato che la sostituzione dei grassi saturi con l’acido linoleico omega-6 (ricavato da olio di mais o da margarina) ha abbassato significativamente il colesterolo sierico, ma non ha ridotto la mortalità. Al contrario ha aumentato il rischio di morte negli adulti più anziani41.
Infatti, per ogni riduzione di 30 mg/dL del colesterolo, si è registrato un rischio di morte superiore del 22%. Ancora più preoccupante è stata l’incidenza significativamente maggiore di almeno un infarto del miocardio nel gruppo che aveva integrato omega-6 nella dieta confermato dall’autopsia.
Uno studio clinico durato oltre 5 anni ha evidenziato che la sostituzione del grasso saturo con oli di semi quadruplicava i decessi per tutte le cause e aumentava le morti per cardiopatia coronarica42.
In conclusione, l’evidenza complessiva degli studi clinici non suggerisce alcun beneficio dalla sostituzione dei grassi saturi con quelli polinsaturi omega-6, bensì potrebbe essere dannosa. Pertanto, è plausibile che l’infiammazione giochi un ruolo di primo piano nella salute cardiovascolare, determinando l’aumento di infarti e ictus, ingiustamente attribuiti ai livelli di colesterolo.
Salute dell’intestino
Una pubblicazione del 2010 segnala che gli oli vegetali polinsaturi sono in grado di raddoppiare i casi di colite ulcerativa43.
Inoltre, possono promuovere l’obesità e il sovrappeso modificanto la flora batterica intestinale. Un eccesso di omega-6, introdotti nella dieta attraverso gli oli vegetali polinsaturi, tende a sviluppare disbiosi perché altera l’equilibrio tra Firmicutes e Bacteroidete4445.
Per concludere
Qualsiasi effetto abbiano i grassi nella dieta dipende dalla loro fonte alimentare e dal modello dietetico complessivo. La qualità dei grassi nell’alimentazione ha un effetto profondo sulla salute, determinando la composizione della struttura della membrana di ogni cellula del nostro corpo.
Il consumo di acidi grassi polinsaturi omega-6 è aumentato drasticamente nel mondo occidentale, soprattutto sotto forma di oli vegetali, che, come abbiamo visto, aumentano l’ossidazione all’interno delle lipoproteine.
Da qui, si attivano le risposte del sistema immunitario che a sua volta conduce alla formazione di depositi vascolari. Per questa ragione, l’aterosclerosi è descritta anche come una malattia immuno-mediata.
Si ritiene che le lipoproteine ossidate (oxLDL) svolgano un ruolo chiave nella formazione degli ateromi. Ma in particolare è l’acido linoleico ossidato contenuto nelle LDL che porta alla formazione di metaboliti ossidanti dannosi, che inducono aterosclerosi e coronaropatia. Pertanto, riducendo la quantità di acido linoleico nella dieta, proveniente principalmente da oli vegetali/semi industriali, si ridurrà la quantità di acido linoleico all’interno delle lipoproteine LDL (il colesterolo ritenuto “cattivo”) e probabilmente si ridurranno anche le lipoproteine ossidate oxLDL e il rischio cardiovascolare.
I grassi naturali presenti negli alimenti non lavorati sono di gran lunga preferibili nella dieta, per il benessere cardiovascolare, intestinale, cerebrale e per sostenere un sano pesoforma nel tempo.
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